Con l’espressione “benessere animale”, in zootecnia, si è soliti indicare la condizione degli animali rispetto alla presenza/assenza di malattia e sofferenze, intese anche come dolore, stress e paura. Numerose norme tutelano il benessere animale e definiscono regole e requisiti minimi per l’allevamento, il trasporto e la macellazione, mentre sono in fase di studio precisi indicatori di benessere che ci consentiranno di misurarlo, valutarlo e migliorarlo. Indubbiamente, il processo che tramite una spinta selezione genetica e lo sviluppo di raffinate tecniche produttive ci ha portati alla realtà dell’allevamento intensivo e al super-sfruttamento delle risorse degli animali da reddito, vive oggi una battuta d’arresto, soprattutto grazie alle pressioni esercitate dai consumatori, non più disposti a tollerare certi compromessi. Tuttavia il cambiamento in atto è lento, graduale e non del tutto rassicurante per coloro che intendono il benessere come uno stato fisico e mentale positivo, e piuttosto che all’assenza di disagio, dolore, malattia, fanno riferimento alla presenza di sensazioni ed esperienze piacevoli, alla libertà di esprimere comportamenti naturali, di interagire con l’ambiente e di godere di una esistenza lunga e piena.

Per questo motivo piuttosto che di “benessere animale” ci piace parlare di “qualità della vita animale”. Riteniamo che una vita condotta in spazi confinati, priva di libertà, di stimoli, di contatto con la natura, di spontanee relazioni inter e intraspecifiche, di aria pura e luce del sole, non possa dirsi tale. Il vero cambiamento che auspichiamo non può risolversi con l’”arricchimento” delle gabbie o con il divieto delle mutilazioni, perchè origina dal riconoscimento di maggiori diritti agli animali e si sviluppa tramite l’applicazione di sistemi di allevamento più rispettosi, in cui gabbie e mutilazioni non si rendono necessarie. In tali sistemi il profitto non è generato dalla massimizzazione della quantità di prodotto rispetto ai costi sostenuti, bensì dalla sua superiore qualità e dalla leale concorrenza che ne scaturisce.

Le maggiori preoccupazioni per il benessere animale nascono dalle pratiche di allevamento in grado di garantire solo uno scarso benessere. Ad esempio, le pratiche che non vanno incontro ai bisogni fisici e comportamentali dell’animale e di conseguenza possono causargli dolore o sofferenza.

Philip Lymbery, CIWF International


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